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22 Jan 2020
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Il valore della qualità enogastronomica italiana, tra certificazioni agroalimentari e tipicità

DOC, DOCG, IGT, IGP, DOP - non solo sigle, ma informazioni essenziali sul prodotto

Il valore della qualità enogastronomica italiana, tra certificazioni agroalimentari e tipicità

DOP, IGP, DOCG, DOC e IGT: queste lettere si trovano spesso sull’etichetta di diversi cibi e vini italiani, ma cosa rappresentano esattamente?

La qualità e la produzione dei prodotti tipici di un territorio sono tutelati dalle leggi italiane e internazionali, che ne definiscono l’identità e la provenienza geografica. In altre parole, la denominazione di origine certifica la qualità e l‘unicità di un prodotto specifico. 

“Quindi come possiamo capire il significato di queste certificazioni e a cosa si riferiscono?”

 

In primo luogo è importante sapere che le sigle di protezione indicano prodotti tipici che rientrano in una normativa precisa che garantisce standard qualitativi estremamente elevati.

Parmigiano Reggiano

Sono anche essenziali per diminuire la diffusione di prodotti contraffatti, ed è per questo che è impossibile trovare una bottiglia vino Barolo DOCG che non provenga dalle Langhe del Piemonte, o un Parmigiano Reggiano DOP che non arrivi dall’Emilia-Romagna.

DOP (Denominazione di Origine Protetta). La sigla DOP garantisce che il prodotto (come formaggio, prosciutto, carne, olio d’oliva, ecc.) sia prodotto, lavorato e confezionato in una zona geografica specifica e secondo le tradizioni di quella zona. Ogni fase, dalla produzione al confezionamento, è regolamentata e attribuita dall’Unione Europea agli alimenti le cui caratteristiche qualitative dipendono essenzialmente o esclusivamente dalla zona di produzione e dalle tecniche di produzione tradizionali.

IGP (Indicazione Geografica Protetta). L’etichetta IGP indica alimenti e vini tipici di una determinata area geografica e che lì sono prodotti e/o trasformati e/o elaborati.

DOCG, DOC e IGT sono invece certificazioni limitate alla produzione vinicola. L’Italia classifica i vini di qualità (prodotti in regioni specifiche) e vini da tavola (con e senza indicazione geografica). L’etichetta di un vino italiano contiene le seguenti informazioni: il nome della cantina, a volte il nome del vigneto che ha prodotto le uve, l’annata (l’anno in cui le uve sono state raccolte), e un acronimo (ad esempio, DOC, DOCG) o oppure la frase “Vino da Tavola”.

IGT (Indicazione Geografica Tipica). “Indicazione Geografica” significa che quel vino viene prodotto in una zona specifica e ottenuto da varietà di uve autoctone, di aree definite. Questa certificazione attribuisce una qualità superiore ai vini da tavola. Essi sono però prodotti in zone di più vaste e con regole di produzione meno restrittive rispetto a quelle per i vini DOC e DOCG. Un esempio è la Maremma Toscana, un vino bianco, rosè o rosso, prodotto in tutta la regione Toscana.

DOC (Denominazione di Origine Controllata). Questo acronimo riconosce la qualità e la tradizionalità dei vini prodotti in regioni specifiche e ben definite, secondo regole precise volte a preservare le pratiche enologiche tradizionali di ogni singola regione. Un esempio è la Barbera d’Alba DOC in Piemonte. Ci sono attualmente più di 300 vini DOC italiani e il Piemonte ne vinifica 42.

DOCG (Denominazione di Origine Controllata e Garantita). La sigla DOCG è simile alla DOC, ma ancora più rigorosa. Le regolamentazioni definiscono infatti i metodi e i tempi di produzione. Le rese ammissibili inoltre sono generalmente inferiori. I vini DOCG devono passare un’attenta valutazione chimica, sensoriale, più un’analisi e degustazione da parte di un comitato autorizzato dal governo, prima che possano essere imbottigliati. Essi devono recare il marchio di Stato che garantisce l’origine e la qualità e che consente di numerare tutte le bottiglie prodotte. Ci sono attualmente 74 vini DOCG italiani, tra cui: Barolo, Barbaresco, Amarone della Valpolicella, Chianti Classico, Brunello di Montalcino, Prosecco Superiore e molti altri. Il Piemonte imbottiglia 17 vini DOCG.

 

A metà del ‘900 con la crisi agroalimentare italiana è arrivata la necessità di tutelare i prodotti made in Italy. Con l’affermarsi della cucina italiana negli Stati Uniti e all’estero infatti, il mercato fu invaso da diversi prodotti scadenti ad imitazioni di prodotti come: l’olio d’oliva, alcuni salumi e formaggi e anche il vino. Per proteggere la sua reputazione culinaria, l’Italia lavorò con l’Unione Europea per creare certificazioni legali che incoraggiassero i produttori di vino e alimenti a concentrarsi su qualità, sulla tradizione e sull’affidabilità. Per guadagnare le etichette, i produttori devono oggi attenersi a delle rigorose linee guida, sotto la supervisione del governo. Quando si acquista e si consumano prodotti con queste certificazioni, si sostiene il paese e ci si può godere la qualità del prodotto. 

 

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